ONNIPRESENZA

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00mercoledì 7 ottobre 2009 20:11
Definizione
Il vero Dio non è onnipresente, infatti viene detto che ha un luogo di dimora. (1Re 8:49; Gv 16:28; Eb 9:24) Il suo trono è in cielo. (Isa 66:1)
Amalia 52
00mercoledì 11 novembre 2009 21:07
Insegnando che Dio è onnipresente la cristianità ha creato confusione e ha reso più difficile per i suoi adoratori accettare Dio come una realtà. Com’è possibile che Dio sia presente in ogni luogo nello stesso tempo? Dio è una Persona spirituale, il che significa che non ha un corpo materiale, ma spirituale. Uno spirito ha un corpo? Sì, infatti leggiamo: “Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale”. (I Cor. 15:44; Giov. 4:24) Essendo un individuo, una Persona con un corpo spirituale, Dio risiede in un luogo, per cui non potrebbe essere contemporaneamente in nessun altro luogo. In I Re 8:43 leggiamo che i cieli sono lo “stabilito luogo di dimora” di Dio. In Ebrei 9:24 ci è detto inoltre che “Cristo entrò . . . nel cielo stesso, per apparire ora dinanzi alla persona di Dio per noi”.
Inoltre il discepolo Stefano e l’apostolo Giovanni ebbero visioni del cielo in cui videro sia Dio sia Gesù Cristo. Pertanto Geova Dio dev’essere una persona, un individuo, come lo è Gesù Cristo. (Atti 7:56; Riv. 5:1, 9) I cristiani che hanno la speranza di vivere un giorno in cielo hanno la certezza che vedranno Dio e inoltre che saranno simili a lui, e questo mostra che Geova Dio è veramente una persona che ha un corpo e che sta in un luogo determinato. — I Giov. 3:2.
Può darsi benissimo che alcuni si trovino confusi per il fatto che Dio vede tutto e anche per il fatto che la sua potenza può essere sentita dappertutto. (II Cron. 16:9) Possiamo illustrare questi fatti paragonando Dio a una centrale elettrica. È ubicata in un certo luogo in una determinata strada di una città. Ma l’elettricità viene distribuita in tutta la città, provvedendo luce ed energia. E avviene la stessa cosa con Geova Dio. Egli ha un luogo nel più alto dei cieli, ma la sua forza attiva, il suo spirito santo, fornisce luce e può far sentire la sua forza ovunque, in tutto l’universo.
Pur avvertendo ripetutamente gli adoratori di Dio di non fare immagini di lui e di non prostrarsi davanti a tali immagini e adorarle, la Bibbia usa antropomorfismi, cioè attribuisce a Dio caratteristiche umane. Pertanto la Bibbia parla della faccia, degli occhi e degli orecchi di Dio, delle sue narici e della sua bocca, delle sue braccia e dei suoi piedi. (Deut. 4:15-20; Sal. 27:8; I Piet. 3:12; Sal. 18:15; Isa. 1:20; Deut. 33:27; Isa. 41:2) Naturalmente tale linguaggio descrittivo non significa che il suo corpo spirituale abbia lo stesso tipo di membra dei corpi umani. Ma queste espressioni ci aiutano a far divenire Geova Dio sempre più reale per noi.
Sì, la Parola di Dio mostra che Dio ha una distinta personalità, che ha sentimenti, che può compiacersi o dispiacersi, che può ridere e adirarsi, che è misericordioso e tenero in affetto. Egli si interessa personalmente di ciascun uomo. Infatti, ha amato tanto il mondo del genere umano che ha mandato il suo unigenito Figlio sulla terra a morire come sacrificio, affinché chiunque esercita fede in lui ottenga la vita eterna. — Sal. 2:4, 12; Giov. 3:16; Ebr. 10:38; Giac. 5:11; I Piet. 5:7.
Perché temerlo?
Se Dio è veramente reale per noi, saremo indotti a temere di dispiacergli a motivo delle sue stesse qualità. La Bibbia dice che “il timore di Geova è il principio della sapienza” e che “il timore di Geova significa odiare il male”. (Sal. 111:10; Prov. 8:13) Vuol dire forse avere semplicemente un timore reverenziale di Geova? Vuol dire più che avere semplicemente un salutare rispetto per Dio? Possiamo avere un timore reverenziale per coloro che sono stati divinamente costituiti per occupare incarichi di responsabilità e possiamo avere un salutare rispetto per tutte le persone oneste. Ma avere timore di Geova significa molto di più. L’apostolo Paolo scrive: “Continuiamo ad avere immeritata benignità, per mezzo della quale possiamo accettevolmente rendere a Dio sacro servizio con santo timore e rispetto. Poiché il nostro Dio è anche un fuoco consumante”. Questo dovrebbe senz’altro farci badare di non incorrere nella disapprovazione di Dio, poiché in tal caso correremmo il pericolo d’essere ‘consumati’ da lui! — Ebr. 12:28, 29.
Possiamo illustrare il timore di Dio in questo modo: Un giovane figlio teme giustamente di dispiacere al padre. Perché? Perché il padre è una realtà tangibile per lui. Può vedere il padre, udirne la voce e sa che il padre è più forte di lui, il figlio. Per giunta, il padre provvede amorevolmente a tutti i bisogni materiali del figlio: vitto, vestiario e alloggio e inoltre provvede a soddisfare i bisogni mentali, spirituali e di svago del figlio. Per cui il figlio ubbidisce al padre e si preoccupa di non dispiacergli per motivi pratici ma anche per un obbligo morale. Il figlio saggio farà in modo di non incorrere nella disapprovazione del padre, e vorrà tanto più piacere al padre quanto più è grato di tutto ciò che il padre fa per lui.
Così dovrebbe essere per tutti coloro che si rivolgono a Dio come al ‘Padre nostro che è nei cieli’. (Matt. 6:9) Tutte le cose buone vengono da lui. (Giac. 1:17) Se per noi Dio è una realtà avremo un sano timore di dispiacergli, come si capisce da un episodio della vita di Giuseppe, il figlio del patriarca Giacobbe. Mentre Giuseppe serviva nella casa di Potifar, un funzionario della corte egiziana, la moglie di Potifar cercò di sedurre il giovane e bel Giuseppe. Cosa gli permise di resistere a questa grande tentazione? Il fatto che Dio era una realtà per lui, come mostrano le parole che le disse: “Come potrei dunque commettere questa grande empietà e peccare effettivamente contro Dio?” Non c’è dubbio, Dio era una realtà per Giuseppe. Se Dio è una realtà anche per noi saremo ugualmente aiutati a resistere alle tentazioni. — Gen. 39:9.
Torniamo al nostro esempio: Supponiamo che gli affari portino il padre lontano dalla famiglia per certi periodi. Naturalmente, provvede sempre alla famiglia e senz’altro scrive loro, anche al figlio. Questi legge ansiosamente le lettere del padre, che gli assicurano il suo immutato interesse. Forse visto che il padre è lontano, il figlio può diventare negligente e non stare più tanto attento a non incorrere nel suo disfavore. Ma le lettere del padre gli rammenterebbero l’obbligo che ha verso di lui, non vi pare?
Dei cristiani d’oggi si può dire che in un certo senso è la stessa cosa: anche il nostro Padre è molto lontano, nei cieli dei cieli. Ma fedele alla sua promessa provvede tutte le cose che ci occorrono, e ci ha inviato lettere, cioè i 66 libri della Bibbia. Se amiamo veramente il Padre nostro che è nei cieli e apprezziamo tutto quello che ha fatto, sta facendo e farà ancora per noi, apprezzeremo moltissimo quelle lettere ispirate. Le esamineremo scrupolosamente e frequentemente. Inoltre, non dovrebbero quelle lettere ispirate aiutarci a stare in guardia affinché non ci comportiamo male, affinché non facciamo cose che potrebbero suscitare l’ira di Dio nei nostri confronti? Certo!
Ci sono molti altri modi in cui possiamo mostrare che Dio è una realtà per noi, ad esempio parlandogli spesso in preghiera e menzionando ad altri le sue meravigliose qualità. In questi modi Dio diverrà una realtà per altri e nello stesso tempo diverrà sempre più una realtà anche per noi.
Fonte:TG 15/8/81
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